Quando è avvenuto il cambiamento? Quando? Quando è successo che tutto quello che avevamo conosciuto fosse stravolto?
Centrifugato in un vortice di notti, ad alto contenuto di alcol e poesia, avevo sempre avuto chiaro cosa fosse il futuro. Una notte liquida era il futuro. Qualsiasi fosse la notte che stessi vivendo in quel momento, quello era il futuro. Mentre il presente mi stava sgretolando il terreno sotto i piedi e non me ne accorgevo. Non me ne rendevo nemmeno conto.
Ero legato alla parola. Al suono della parola. Alla voce. Agli effetti della sua emissione nell’aria, del suo infrangersi su un corpo, del suo infrangersi su un altro orecchio e alla sua trasformazione, una volta assorbito, e restituito. Mutazione. Dinamica.
Andavo nel locali notturni dove ancora si fumava e declamavo poesia mentre le parole rimbalzavano sulle nuvole dei pensieri, sedotti e seducenti, e sulle nebbie cannibali di fumo. La chiamavo Poesia e pensavo fosse quello il cambiamento. La mia rivoluzione.
Invece la rivoluzione stava avvenendo davvero ma non era la musica a veicolarla. Non era neanche la letteratura. La trasformazione sociale era telematica. Non era nemmeno così lenta. Veloce, molto veloce, troppo veloce. Forse per questo non ho avuto il tempo di accorgermi.
La parola era di nuovo al centro. Una parola svuotata, senza suono, senza vita. Fissa. Morta ancora prima di poter vivere, di emettere il primo vagito, il primo respiro. Sulla punta delle dita di tutti quelli che avessero una tastiera a disposizione. A disposizione di chiunque. Lanciate e accumulate in questo universo di comunicazione che non comunica niente. A creare un cimitero cibernetico dalla contagiosità molto elevata. Un contagio totale che si è diffuso a tutti i livelli. Arte, politica, società. Inoculavano morte culturale.
Tanti di noi si sono persi. Passeggiando come morti viventi tra le lapidi in cui imprevedibilmente iniziavano a svilupparsi anticorpi alternativi, resistenti, nuove forme di vita. Qualcuno di noi incominciava ad orientarsi. Anche grazie a dischi come “Kasabian”(2004), l’esordio dei Kasabian, appunto. Abbiamo compreso che anche l’elettronica può avere un’anima. Un’anima Rock.
Tutto un test di trasmissione. Il nemico non ce l’abbiamo più all’esterno, il nemico ce l’abbiamo dentro. Ce l’abbiamo tra le mani. Più stravolgente di una sostanza artificiale, più velenoso di un serpente geneticamente modificato. La più potente dipendenza. Il nemico ce l’abbiamo tra le mani. Ognuno chiuso nel mondo della propria proiezione virtuale. Solo. Solo con uno schermo davanti agli occhi che soddisfa tutti i desideri. Sul monitor una linea lunga e piatta.
Non rimane poesia, la musica non vende, notizie false, gli uomini politici sbavano di rabbia e promesse schiumanti. Non rimane niente, dei profumi e delle puzze. Del sudore e dei brividi. Inermi davanti ad un’invasione di microchip roditori. Siamo esperimenti di uno scienziato spietato. La decomposizione, la necrosi, la realtà continua a proliferare.
Lentamente il pulsare muove una minuscola onda.
Il pulsare, che sia un beat elettrico o un battito cardiaco, è sempre pulsare. Tagliando qua e là tra la spazzatura mediatica. Come una cadenza, come un ritmo musicale. Questo ritmo si fa melodia, si fa viaggio, si fa visione oltre. Si fa vita. Apre una nuova dimensione del tempo.
Per me che l’amore era sempre lo stesso, legato alla materia, adesso avevo una nuova percezione della consistenza della notte. Anche io potevo essere un uomo del futuro. Bisognava soltanto cambiare piattaforma, codificare un nuovo linguaggio nella piattaforma mentale. Anche se i figli si facevano ancora alla vecchia maniera (non per molto), con piacere e incoscienza, e un buon whisky era sempre un buon whisky.
I Kasabian nel 2004: Sergio Pizzorno, Christopher Karloff, Tom Meighan, Chris Edwards.
Tracklist: 1.Club Foot. 2. Processed Beats. 3. Reason Is Treason. 4. I.D..5. Orange. 5. L.S.F. (Lost Souls Forever). 6. Running Battle. 7. Test Transmission. 8. Pinch Roller. 9. Cutt Off. 10. Butcher Blues. 11. Ovary Stripe. 12. U Boat