domenica 12 ottobre 2025

Un nuovo approccio al caos

Per la rubrica: Parola ai Poeti NON Artificiali, la chiacchierata con l'autrice Manuela Faella, sul valore confidenziale della poesia, sul peso delle parole, sulla possibilità di guardare il caos con nuovi occhi.



Manuela Faella si occupa da anni di scrittura e di editoria. Ha collaborato alla stesura di un’enciclopedia storico-geografica presso una casa editrice molisana; ha lavorato presso la redazione romana della rivista “Firma”; ha scritto testi per Officina Rambaldi; ha operato privatamente come ghost writer. Ha lavorato per molti anni presso la casa editrice Pagine di Roma. È stata redattrice e curatrice della rivista trimestrale di storia contemporanea “Nova Historica”, ha collaborato con le riviste “Poeti e Poesia”, “Equipeco” e, più recentemente, con “Almanacco della Scienza CNR” con recensioni e articoli sulla poesia contemporanea. Si è dedicata in passato all’ideazione e organizzazione di reading, in cui sono stati ospitati giovani poeti, tra gli altri: “Reading Poems” e “Tre di-versi”, nel quartiere di San Lorenzo a Roma, dove vive e lavora. Ha personalmente partecipato a molti reading collettivi recitando i propri testi. Ha pubblicato una raccolta autoprodotta dal titolo “Vortici” (Roma, 2005); il libro di poesie “Dove sei padre”, (Terresommerse, Roma, 2007); le sue poesie su molte antologie e riviste letterarie tra cui, più recentemente, “Amicizia Virale” (Progetto Cultura, Roma, 2021) e “La Nave di Amleto” (Progetto Cultura, Roma, 2023).

Quando ti sei accorta che per te la poesia è un’importante forma di comunicazione?

Come lettrice da che ho memoria di banchi di scuola e di libri tra le mani. Leggevo molto ai tempi del liceo, adoravo tuffarmi per ore dentro le pagine delle mie poetesse e poeti preferiti e capire che non ero la sola ad avere alcune idee, a provare certi sentimenti; loro comunicavano con me attraverso i loro versi. Quanto a scrivere, da quando morì mio padre, avevo 20 anni. Lo strappo del mio primo lutto genitoriale, capitato in un’età già di per sé già intensa di emozioni e paturnie varie, fu talmente doloroso da cambiare intimamente il mio modo di sentire e molte altre cose. Quelli che seguirono furono anni di difficile gestione, per usare un eufemismo, non mi bastava più scribacchiare sul diario per sfogarmi e decisi di provare a pubblicare, sentivo l’esigenza di comunicare in modo più ampio quello che mi stava succedendo, per condividere e cercare conforto: se la comunicazione poetica funzionava da lettrice, allora avrebbe potuto funzionare anche da scrittrice… Il mio primo libretto fu un lavoro autoprodotto dal titolo Vortici. Poi cominciai a scrivere con più costanza e attenzione, fino alla pubblicazione di Dove sei Padre, diversi anni dopo. Recentemente ho pubblicato La Tolleranza del Caos. 

Che rapporto hai con la poesia?

Finora è stata la mia migliore amica. Mi ha confortato sia leggerla che scriverla, c’è sempre stata quando l’ho cercata, mi ha alleviato i dolori e la solitudine di certi momenti, mi ha fatto emozionare, riflettere, divertire, esprimere, sfogare, ha riempito gli spazi vuoti. Vorrei provare adesso a trasformare questo rapporto di amicizia così personale e intimo in qualcosa di meno autoriferito e autobiografico. Uscire un po' dall’idea della poesia come espressione della mia persona, osservare meglio ciò che ho intorno e raccontarlo, certo sempre attraverso il mio sguardo e quella che sono. Approfondire lo studio della parola, con impegno, ricerca, cura, dedizione, professionalità. Vediamo se ci riesco…

Poesia è soprattutto lavorare con la parola, quanto conta ancora la parola in questo periodo storico nel suo massimo abuso telematico?

La parola non può non contare, conta sempre e sempre conterà, ha costituito la maggior forma di comunicazione da quando esiste fino ai nostri giorni. Quello che mi sembra cambiato nel tempo non è tanto il “contare” delle parole, ma l’attenzione ed il rispetto verso il loro utilizzo, è come se si fossero “alleggerite” di significato. Dal mio punto di vista, in passato le parole erano di meno e pesavano di più, esprimevano meno concetti ma chiari e fissi, adesso sembrano avere l’urgenza di moltiplicarsi per disintegrare il pensiero e rafforzare il caos che ci caratterizza in questo momento storico. Siamo sovrastati da milioni di parole al giorno, scritte, parlate e udite in modo facile, accessibile, veloce, confusionario, confuso e confondente. Ognuno di noi può parlare e comunicare in un secondo con moltissime persone con tutte le parole che vuole (mail, social, chat etc.), senza limiti dettati dallo spazio di una pagina o di una colonna di un articolo di giornale; le parole di ogni singola persona si moltiplicano per milioni di persone in pochi attimi… Cito, per il mio augurio che quanto prima si ripristini il giusto “peso”, i versi di una canzone dei C.S.I, gruppo che ho molto amato: ho dato al mio dolore la forma di parole abusate che mi prometto di non pronunciare mai più. Dovremmo prendere esempio, pensare un attimo in più a quello che scriviamo e diciamo prima di scriverlo o dirlo, scrivere meno e meglio, leggere meno e meglio, parlare meno e ascoltare di più – se fossimo migliori ascoltatori saremmo anche migliori scrittori e oratori. Questo per non doverci pentire di ciò che diciamo o scriviamo (le idee passono, anzi devono cambiare), anche perché nell’epoca di internet è tutto ancora più indelebile. 

Come può la parola umana competere o interagire con la parola dell’intelligenza artificiale?

Sto ancora riflettendo su questa rivoluzione, mi sto ancora informando e aggiornando, non ho ancora un’idea chiara e di conseguenza un’opinione e una posizione in proposito. Una cosa però mi sento di dirla, anche se non escludo di poter essere smentita: la parola umana esprime un vissuto, ciò che ognuno di noi racconta attraverso le parole porta con sé il carico di ciò che ha visto e fatto, l’attraversare degli anni e dei cambiamenti, l’esperienza, l’intensità di alcuni momenti, la gioia, il dolore, insomma la vita reale e quotidiana, quella che ti lascia in faccia un pezzo di ruga al giorno. Aggiungo che ognuno di noi è unico ed ha una storia di crescita unica e irripetibile in modo perfetto, di conseguenza per quanto l’IA possa, interrogata con un giusto prompt, scrivere sonetti, poemetti, racconti etc, ciò che scriverà non potrà mai essere la derivazione di un’esperienza personale quindi, in un certo senso, unica e autentica. La parola umana e quella artificiale possono sicuramente interagire e completarsi. Se dovessero sfidarsi, probabilmente in ambiti di lavoro e simili vincerebbe IA perché sicuramente più erudita (non c’è paragone tra i dati che IA processa in un secondo e quelli che deteniamo noi nel nostro cervello), ma dove c’è arte, racconto, sentimento, espressione artistica la parola umana avrebbe più armi. 

Qual è la tua opera in cui ti riconosci di più? Ce ne vuoi parlare?

Sicuramente i testi in cui mi riconosco di più sono quelli di La tolleranza del caos, ultimo libro pubblicato per i tipi di Ensemble (giugno 2025). L’opera raccoglie poesie scritte in 18 anni, dall’uscita nel 2007 del mio secondo libro Dove sei Padre. Ho raccolto in tutto questo tempo moltissimo altro materiale, ma quella pubblicata è la breve selezione che mi sono sentita di fare, per convinzione sulle poesie e perché è stato possibile metterle in ordine costruendo una linea temporale che parte da molto indietro. Questo libro è quello che maggiormente mi rappresenta perché descrive in quattro tappe di fatto tutta la mia vita finora. Costruirlo, oltre che scriverlo, per me è stato un lavoro importantissimo, ho ricordato e rivissuto l’infanzia, i momenti bui attraversati dopo la morte di mio padre, la mia vita da adulta e da madre, fino a diventare quello che più o meno sono ora: una persona che sta tentando un nuovo approccio al caos insensato che governa il mondo. Non più il tentativo di comprenderlo, accettarlo, metterlo in ordine e controllarlo, piuttosto sto provando a tollerarlo, portando pazienza nei confronti di una strana e sadica entità che non capisco, non accetto, non posso né ordinare né controllare ma con cui non posso fare a meno di convivere. In questo libro mi identifico di più perché mi identifico in ogni sua parte, perché ogni sua parte rappresenta una parte di me e della mia storia. Le altre opere sono parziali.

La poesia può ancora comunicare alle nuove generazioni?

Si assolutamente, anzi mi sembra che la poesia stia vivendo un momento di grande popolarità tra i giovani. Forse Leopardi, Ungaretti o Montale fanno fatica, ma ci sono tantissime poetesse e poeti emergenti che, essendo essi stessi espressione delle nuove generazioni, arrivano dritto ai cuori dei ragazzi (non cito alcuni nomi per non dimenticarne altri che lo meriterebbero ugualmente). La poesia, come tutto il resto, è cambiata nel tempo. Ci sono nuovi contenuti, nuovi stili e anche nuove forme, per esempio la poesia performativa, rap, hip hop, il poetry slam, che hanno riportato in vita assonanze, allitterazioni e rime per molto tempo accuratamente evitate dalla poesia contemporanea, pena la ridicolarizzazione dei versi. Queste forme di comunicazione poetica oggi funzionano benissimo con i più giovani, e non solo.