Ci sono personaggi o protagonisti del nostro passato, anche non troppo lontano, che nel corso della storia vengono colpiti dalla Damnatio Memoriae e del loro passaggio in vita viene cancellata ogni traccia, o le poche tracce che se ne trovano sono tutte indirizzate a screditarne la figura. Così come è successo ad Alessandro Conte di Cagliostro (molto presumibilmente uno dei tanti nomi del palermitano Giuseppe Balsamo), condannato per eresia nel 1791 dal tribunale della Sacra Inquisizione, oltre che alla morte, alla cancellazione della sua memoria, della sua esistenza.
Ancora oggi se si cerca su internet qualche cenno della sua vita ne esce fuori la descrizione di uno squallido figuro, semianalfabeta, ciarlatano, millantatore, truffatore, pappone e sfruttatore. Allucinato massone e goffo raggiratore di ingenue nobildonne. Un intrallazzatore che le provava tutte pur di rimanere sulla cresta dell’onda e farsi ospitare dalle corti reali di tutta Europa. Il punto è che, nelle corti reali di tutta Europa, veniva accolto davvero, ogni volta, come un salvatore.
A gettare nuova luce sulla sua figura ci pensa nel 1914 lo scrittore Luigi Natoli con la pubblicazione del romanzo “Cagliostro e le sue avventure”. Anch’egli palermitano, Luigi Natoli si è sempre dedicato allo studio degli aspetti socioculturali della sua terra. Tutta la sua vasta produzione letteraria è ambientata in Sicilia. Magistralmente esemplare è la ricostruzione che ne fa attraverso i secoli nel suo monumentale “Storia della Sicilia”. Probabilmente uno dei suoi lavori più famosi è “I Beati Paoli”, uscito a puntate sul Giornale di Sicilia (a proseguire la grande tradizione consacrata da Victor Hugo e Eugene Sue), poi raccolto in romanzo. Considerato uno dei più grandi capolavori letterari del Novecento italiano.
Nel caso di Cagliostro la sua attenzione si concentra su un suo concittadino di cui si erano occupati precedentemente Alexandre Dumas padre, Wolfgang Goethe e Lev Tolstoj. Se cotanti autori hanno dedicato un minimo del loro tempo ad individuo come Cagliostro forse qualcosa di buono in lui ci doveva pur essere. Oltre al fatto che sue rappresentazioni, tra sculture e ritratti, sono esposte nei musei di mezza Europa.
Con uno stile diretto e scorrevole, del tutto inconsueto per le tecniche narrative dei primi del secolo, ricostruisce l’immagine del suo concittadino. Giuseppe Balsamo è un ragazzino inquieto che troppo presto perde il padre commerciante. Il giovane Giuseppe è attratto dall’occulto e dalla guarigione tramite vari espedienti. La madre fa un tentativo di fargli intraprendere la carriera monastica, ma, nonostante il suo amore per le piante medicinali, emerge ancora più grande, il suo amore per le donne. Fugge, quindi, dal convento di Caltagirone per tornare a Palermo. La sua voglia di conoscere il mondo lo porta a viaggiare per le città siciliane. A Messina conosce il suo primo misterioso Maestro, Altotas. Con lui viaggia per tutto il Mediterraneo, venendo a conoscenza degli antichi misteri dell’ermetismo egizio e iniziato all’ordine dei Cavalieri di Malta. Durante il suo soggiorno a Roma conosce Lorenza, la bellissima figlia quattordicenne di un fonditore, di cui si innamora perdutamente, finendo per sposarla. Nei primi anni di matrimonio, probabilmente, pur di avere qualche entrata economica, deve avere messo a punto qualche stratagemma truffaldino, oltre a procurarsi falsi titoli nobiliari. Una volta scoperti, i suoi inganni, inevitabilmente, comportavano trasferimenti improvvisi in altre città, e la necessità di cambiare nome, cambiare identità.
Lo scrittore Luigi Natoli comprende bene l’arte di spacciarsi per un’altra persona o di trovare altri nomi. Era solito, infatti, firmare con lo pseudonimo di William Galt, i suoi articoli sui giornali e i suoi romanzi d’appendice. Non avere identità è un modo per avere tutte le identità, partecipando coscientemente all’essere assoluto. Riesce anche a provare una forte componente d’immedesimazione per le persecuzioni da lui subite. Luigi, infatti,
proviene da una famiglia che accoglie totalmente gli ideali risorgimentali con la conseguente persecuzione da parte delle forze militari Borboniche.
Qualche anno più tardi, durante il regime fascista, non aderisce ai dettami della tirannia, e viene ostacolato nella sua carriera di insegnante e trasferito spesso di città in città, dove comunque riesce sempre a frequentare gli intellettuali del posto. Sa che la persecuzione può avere un valore doppio. C’è chi è perseguitato e non si può difendere e chi persegue e spesso ha il potere di modificare la storia come vuole.
Quando Giuseppe Balsamo assume l’identità del Conte di Cagliostro prova a scrivere un’altra storia. Ad andare oltre… la storia. Affiliato alla massoneria londinese, incontra a Berlino il suo più importante Maestro, il monaco benedettino Antoine Pernety. Da lui apprende che non servono alambicchi e polveri, l’alchimia è una antica Arte Sacra che attinge alla Sapienza dei sacerdoti egizi, in cui la cosa più importante è la ricerca interiore che, attraverso una salita verticale trasformativa, induce l’iniziato ad entrare in contatto con il segreto del Dio Toth, l’Ermete Trismegisto dei greci: il segreto della morte e della rinascita. Cagliostro viene stimato come valente alchimista dal Cardinale di Rohan e invitato a Parigi. A Lione Istituisce una sua setta massonica, caratterizzata dai valori basati su una profonda conoscenza spirituale interiore che, oltre alla filosofia razionalista, è alla base degli ideali della rivoluzione illuminista. Si fa conoscere come guaritore formidabile: cura il corpo rivolgendosi all’anima. Puntuale e affidabile preveggente. Si fa elargire laute somme di denaro dai più benestanti ma presta la sua opera gratuitamente a chi ne ha bisogno. Viene accolto con magnificenza nelle corti reali di tutta Europa e in ogni regno in cui viene ospitato porta sempre “il più bene possibile” (cit. dal suo memoriale); ma lui è un nobile e un viandante allo stesso tempo e non fa altro che passare. Non rinunciando mai, purtroppo, alla sua altra passione: il corteggiamento e la seduzione delle giovani nobildonne. Luigi Natoli probabilmente ammira questo aspetto da amatore latino, lui che invece era votato alla famiglia e agli undici figli. Si sposa una seconda volta soltanto perché la moglie muore lasciandolo solo con i primi tre figli. La seconda moglie, Teresa Ferretti, si dimostra la donna ideale, scrittrice anche lei e figlia del fondatore della casa editrice La Gutenberg che pubblicherà tante delle opere di Luigi.
Il modo di fare di Cagliostro, però, gli procura non pochi nemici e molto potenti. Viene perseguitato in tutti i modi, dalle accuse ingiuste alla falsificazione di notizie (oggi si chiamerebbero fake news) per calunniare la sua persona a mezzo stampa. Di fronte al tribunale dell’inquisizione anche la moglie lo abbandona. Viene accusato di aver violato la parola della Sacra Bibbia e aver manipolato le sostanze deviandole dalla natura divinamente dettata. Condannato a passare il resto dei suoi giorni nella rocca di San Leo sull’Appennino marchigiano. La data di morte, dopo anni di patimenti inenarrabili, indica il 28 agosto 1795, ma un uomo che può assumere qualsiasi identità non ci mette molto a far perdere le sue tracce. Così non si ha nessuna certezza che Giuseppe Balsamo, o il Conte di Cagliostro, o chissà chi, fosse in quella cella. Qualcuno sì… forse lui e forse no.
Così come non muore uno scrittore come Luigi Natoli che scriveva per pura
passione. Come si legge dal suo testamento del 1941: “dal mio lavoro non cercai la parte commerciale, ma solo la gioia che mi procurava”.
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