Per la rubrica: Parola ai Poeti NON Artificiali, la chiacchierata con l'autrice Asia Vaudo sul valore della lentezza e su quanto possa propagarsi l'onda della Poesia.
Asia Vaudo è laureata in filologia moderna e da diversi anni porta laboratori di poesia nelle carceri italiane. Dall’attività svolta sono nate delle antologie e una biografia scritta con un ex detenuto. Porta i laboratori anche in alcune scuole di Roma. È direttrice artistica del Poetry Village di Roma, conduce e ha condotto diversi eventi letterari in Italia, tra cui diverse volte al Museo MAXXI. Ha all’attivo cinque pubblicazioni.
Quando ti sei accorta che per te la poesia è un'importante forma di comunicazione?
Ho sempre saputo l’importanza della poesia, che arriva laddove tanto altro non riesce a giungere. Ho sempre amato scrivere, da quando sono piccola. Ho avuto una meravigliosa maestra alle elementari che mi ha sempre spronata a farlo. Ho sentito il bisogno di fare poesia soltanto negli ultimi anni, poiché ho capito la natura fortemente lirica e poetica della mia prosa. Così ho iniziato un processo di “asciugatura”, lasciandomi incantare dalla parola che splende essenziale sul foglio bianco.
Che rapporto hai con la poesia?
La poesia è il mio modo di amare, di stare nel mondo nella maniera più autentica. Di arrivare agli altri, di permettere a chi mi legge di specchiarsi in ciò che scrivo. La poesia è visione, materia, fuoco bruciante. La poesia è tutto ciò che so.
Poesia è soprattutto lavorare con la parola, quanto conta ancora la parola in questo periodo storico nel suo massimo abuso telematico?
Siamo in un periodo in cui si corre continuamente, e nella frenesia dei giorni ci stiamo dimenticando della lentezza. Rieducarsi alla parola significa ritornare alla lentezza, al suo antico significato. La parola ci costringe a fermarci sul foglio, come fa una farfalla su un fiore. Solo fermandoci possiamo ricominciare a sentire il profumo di tutto ciò che ci circonda.
Come può la parola umana competere o interagire con la parola dell'intelligenza artificiale?
Sono convinta che l’intelligenza artificiale non sostituirà mai il valore della parola poetica, la sua forza. Per scrivere una poesia occorre un’anima, e l’intelligenza artificiale non ce l’ha. Non si può “creare” l’anima. Nessun robot o ciò che non è umano potranno mai scrivere una vera poesia. Saranno soltanto imitazioni senza alcuna autenticità.
Qual è la tua opera in cui ti riconosci di più? Ce ne vuoi parlare?
Un’opera che mi sta molto a cuore è Storie di vecchie e di pane, una plaquette, un prosimetro in edizione limitata con la prefazione di Davide Rondoni e le tavole di Roberto Pavoni, per le edizioni di Lamberto Fabbri. Un’opera in cui indago la dimensione della “vecchiezza” in tutte le sue sfumature, da quella ironica a quella erotica, e paragono la pelle, la carne dei “vecchi” alla consistenza del pane.
La Poesia può ancora comunicare alle nuove generazioni?
Certo, la poesia comunica con le nuove generazioni e continua a farlo. Conosco tantissimi giovani poeti che quotidianamente incontrano il valore profondo del verso e ci lavorano con pazienza e passione.
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