Conosciamo Roberto Menabò come musicista Blues di eccelso valore e come
maestro del fingerpicking (apprezzabile in album come “A Bordo Del Conte
Biancamano” del 1985 e “Laughing The Blues” del 1995) ma lo abbiamo incontrato
all’ultima edizione del Blues Made in Italy come autore di libri. Le storie, infatti, che
ha fatto sue in musica si sono trasformate, grazie alla sua abilità creativa, in
narrazione letteraria. Come nel caso di “Vite affogate nel Blues”, che raccoglie
quaranta racconti di esponenti della musica del diavolo, e continua, adesso, con
l’ultima pubblicazione, “Mesdames a 78 giri – Storie di donne che hanno cantato il
Blues”, in cui si possono vivere le atmosfere degli anni trenta negli states attraverso le
vicende di musiciste dalla grande voce e dalle esistenze travagliata e quasi
dimenticate, come Ida Cox, Ma Raney, Lucille Bogan e tante altre.
A proposito di “Mesdames a 78 giri… “ cos’è che ti ha fatto scattare l’idea di
raccontare queste storie… e cosa ti ha guidato nella scelta di queste venti artiste?
Avevo ancora voglia di scrivere delle storie sul Blues dopo le avventure al maschile
mi è venuto spontaneo raccontare delle cantanti degli anni '30 che, a parte Memphis
Minnie, spesso sono cadute nel dimenticatoio. La scelta è stata fatta, oltre che per la
musica, cercando nella vita delle tante cantanti di quel periodo, qualcosa che mi
permettesse di raccontare una storia accattivante e anche un po’ ironica. Mi
sembrava che 20 storie bastassero per non allungare troppo il libro.
Il libro cita i 78 giri del vinile… che si può già considerare un elemento
differenziante, perché riservati ai neri (ma questo vale anche per gli esponenti di
sesso maschile)… Le donne, però, avevano più difficoltà nel trovare spazi per
esibirsi, ancora fino alla seconda guerra mondiale e oltre. Quanto è importante il
loro esempio?
E' stato importantissimo, hai ragione, indubbiamente, anche le Mesdames di cui
parlo hanno avuto grinta, determinazione e in qualche modo hanno preso in mano
la loro vita, allargando i gomiti e anche le sberle per affermarsi nel mondo delle case
discografiche e degli organizzatori che erano esclusivamente in mano ad uomini.
C’è qualche elemento in questo libro che risulta inedito o mai conosciuto prima?
Quali sono stati gli spunti di riflessione o divertimento nel raccogliere i dati per
completare questo libro?
Mah, di inedito vi è la narrazione romanzata, non ho scoperto nulla di nuovo, anche
se le notizie storiche sulla vita delle cantanti e del mondo in cui vivevano sono mistero
ad un pubblico di non specialisti. La raccolta dei dati è stata divertente,
anche faticosa, ma ho scoperto tante cose nuove come i pickaninnies, spettacoli
interpretati da bambini in cui si voleva far conoscere in modo edulcorato la vita dei
giovani nigger sbandati, o il quartiere di Dago Hills a St Louis dove italiani e neri
convivevano. Ma è stato anche un bel ripasso sul minstrel show e gli spettacoli
vaudeville, troppo bistrattati dagli appassionati di Blues. Le mesdames del libro sono
diverse ognuna dalle altre, qualcuna più rude, qualcun'altra più raffinata, ma per
tutte mi sono divertito a raccontare i loro segreti.
Tu sei soprattutto un musicista e al tuo attivo hai già diversi album che
testimoniano enormemente il tuo talento alla chitarra, attraverso la tecnica del
fingerpicking, ma come è nato il tuo amore per questo genere musicale?
Credo fosse il 1970, ma non ne sono sicuro, a quell'epoca ascoltavo un sacco di Rock
e di Blues elettrico (Mike Bloomfield era tra i miei favoriti) quando alla tv diedero
una serie di brevi documentari sul Blues e vidi per la prima volta Big Bill Broonzy,
Memphis Slim, John Lee Hooker e altri: fu una folgorazione, il viatico per un viaggio a
ritroso nella musica del diavolo soprattutto quella degli anni trenta e la musica
acustica. E cominciai senza video, tablature, consigli ma solo con l'ascolto a cercare
di capire come diavolo facessero quei cantati dai solchi gracchianti a suonare in quel
modo. Fu un viaggio fantastico che mi intenerisce ancora al ricordo. Nella fase di
innamoramento adolescenziale il Blues era parte globalizzante e totalizzante, ora da
adulto anziano mi sono rimasti il piacere e la passione della penna e la sei corde.
La tua passione ti ha portato a visitare i luoghi sacri del Blues lungo le sponde del
Mississippi?
No, come Salgari ho viaggiato molto con la fantasia e con le letture. In questo modo i
luoghi del blues mantengono, per me ovviamente, quell'aspetto di aurea magica che
dà sbocco alla fantasia. Ci andrò di certo, ma nella vecchiaia, come a fare un viaggio
a ritroso nel mio tempo.
E nella tua fantasia salgariana cos’è per te il Blues? Ha ancora potere
comunicativo?
Una grande passione, lunga come una vita intera. Io penso proprio di si, se il Blues
viene suonato spontaneamente, senza retorica e con gusto colpisce chiunque. Ho
suonato in alcune scuole, anche medie inferiori e i ragazzini hanno sempre
dimostrato entusiasmo e si sono divertiti.
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