Le Prove Dell'Esistenza (2022)
Joanna Longawa è nata in Polonia.Dal 2006 vive a Roma. Laureata in Editorship alla prestigiosa Università Jagiellonski di Cracovia, ha conseguito il master di Insegnamento della lingua polacca agli stranieri presso l’Università Slaski a Roma. La letteratura, l’arte, le lingue e l’Italia sono le sue eterne passioni. Giornalista, poetessa, traduttrice, scrive in italiano, polacco, spagnolo e inglese. Ha scritto il libro "Le prove dell’esistenza" durante gli studi nel 2003; nel 2020 ha creato la seconda edizione aggiornata durante la quarantena.
Il mio libro è nato a Roma durante la pandemia, il primo lockdown nel 2020/21. Lo promuovo da lì. Il mio testo è una metafora di quello che ci è successo. Durante la chiusura, avendo tanto tempo per creare e pensare, ho ritrovato le bozze di un libro scritto nei tempi di studi universitari a Cracovia, poi le ho tradotte e adattate alla situazione presente, anche se la storia all’incirca è rimasta la stessa. Un’artista polacca, pittrice, subisce un trauma, una violenza. Questo stato di choc la porta a chiudersi in sé stessa, nella propria casa dove - in piena inerzia artistica - cerca di ritrovare il suo volto e talento perduto nella lettura e nei profili di vari artisti, attivisti e scrittori, donne e uomini, tra cui Frida Kahlo, Virginia Woolf, Eve Ensler, Alex Gros, Oscar Wilde e tanti altri. Quello che legge lo analizza con gli occhi di una pittrice, quindi attraverso le forme e i colori facendo molti riferimenti all’arte, sia polacca che straniera.
Il titolo sembra suggerire un testo rivelatore, dalla lettura, invece, emerge più una urgenza di porre domande che quella di dare risposte. Potrebbe essere una chiave di lettura del tuo libro?
Le prove dell’esistenza sono tutto quello che la mia protagonista senza nome fa ogni giorno. Ogni giorno – pensa, legge, analizza, si dà il coraggio per continuare a vivere, parla con sé stessa - la sua attività di vittima è ammirevole. Anche se soffre e si sente “rotta” in qualche modo questa sua ricerca intellettuale della nuova realtà e il porsi le domande è una sua lotta, una cura per darle più forza per, di nuovo, alzarsi dal letto. Come ha detto Federico Moccia, autore della nota all’interno del libro, “qui ogni capitolo è come uno di quei pizzicotti che ci si dà quando si vuol essere certi di essere ben svegli, un modo per dimostrare che si esiste davvero”.
Interessante la tecnica di scrittura che si muove tra vari generi e tra vari livelli di lettura, in un flusso disordinato di pensieri. Da cosa nasce questa esigenza?
La forma è lo specchio della situazione in cui vive la protagonista. C’è la prosa (la quotidianità), c’è il dramma (la situazione vissuta) e c’è la poesia (i momenti belli nella giornata). A volte questa forma sembra disordinata ma realmente ha la sua logica. Ogni capitolo vive con la propria vita ma tutti insieme sono un’integrità, segnano l’avanzamento psicologico della protagonista. Passo dopo passo la donna trova il senso in quello che sta vivendo, leggendo, osservando, analizzando. La forma è anche omaggio al postmodernismo, un ampio movimento ideale che si è sviluppato tra la metà e la fine del XX secolo attraversando la filosofia, le arti, l'architettura e la critica, di cui mi sono innamorata durante i miei studi universitari a Cracovia. C’è qui, dunque, l’influenza di Jacques Derrida (decostruzionismo) e Roland Barthes (semiologia).
Grazie per aver citato le tue influenze. Te le avrei chieste.
La protagonista è una pittrice che all'interno del libro vive quello che sembra un percorso di rinascita, scrive in italiano ma è polacca, cita autori polacchi, è scritto in prima persona, tutto fa pensare a qualcosa di autobiografico. In tutti i romanzi c'è sempre qualcosa dell'autore nei personaggi. In questo quanto?
Come ho detto già varie volte, il testo non è autobiografico. Anche se per forza in ogni libro ci si nascondono delle esperienze degli autori, loro viaggi, sensazioni, letture, esperienze personali, conoscenze o altro. Qui abbiamo una donna che rappresenta tutte le donne e uomini in generale. La mia artista è la mia porte parole nel senso che simbolizza il dolore e guarigione tramite l’arte di ogni vittima di una violenza (fisica, psicologica, bulling, Covid ecc.). È la mia voce contro questa violenza, la voce che dà all’arte e alla lettura e alla cultura in generale un posto molto importante nella vita umana. È un libro simbolico, intertestuale, magari è una digressione del mio subconscio [sorride]. Il testo, come vi ho già svelato, è nato, nella sua versione originale durante gli studi a Cracovia, perciò sì, c’è là dentro la mia città, ci sono tanti nomi polacchi, posti da me visitati, artisti da me ammirati, ma il messaggio del testo rimane universale.
Vivi da tanti anni in Italia ma sei molto legata, ovviamente, alla cultura del tuo Paese. Vorresti suggerire un ponte tra la cultura polacca e quella italiana?
L’Italia e la Polonia sono connesse da tantissimi secoli. Filip Buonaccorsi, toscano, ha portato da noi il rinascimento. Da lì abbiamo avuto forti scambi culturali, artistici e universitari per esempio, il nostro primo poeta nazionale “Petrarca polacco”, Jan Kochanowski, studiava a Padova. L’inno nazionale polacco è nato sulle terre italiane (Reggio Emilia) e, curiosità, nel testo dell’inno di entrambi si menzionano i nomi dei nostri Paesi. Una delle nostre regine era italiana, Bona Sforza di Bari. Stanislao Leszczynski, re polacco, ha inventato il babà, oggi il dolce tipico napoletano. Canova, pittore veneto, ha passato gli ultimi anni della sua vita a Varsavia creando i suoi ritratti più belli che poi sono stati usati per ricostruire la città dopo la distruzione della seconda guerra mondiale. Nel 1944 le truppe polacche sotto gli inglesi hanno liberato dai nazisti Roma e Bologna, e proprio vicino a Roma, a Monte Cassino, si trova il cimitero polacco più conosciuto all’estero. Questi sono solo alcuni esempi del nostro forte legame culturale e storico. Per me l’Italia è la seconda patria. 15 anni a Roma sono molti. L’Italia mi ha segnato, modificato, sicuramente non sono più la stessa. Aggiungo anche che il mio trisnonno era italiano. L’Italia, dunque, c’è anche nel mio sangue, anche se in piccole percentuali. Osservo con distanza il mio Paese ma amo entrambi. La lontananza della patria madre crea nell’anima di un immigrante una sorte di nostalgia. A volte mi sento come Fryderyk Chopin che dalla nostalgia della Polonia ha creato i notturni più belli. Può darsi, che io dalla mia nostalgia ho creato “Le prove dell’esistenza” {sorride].
Il percorso di rinascita sembra passare attraverso dei simboli fondamentali. Cosa rappresenta la simbologia per te?
Ho già accennato sopra che il mio libro è simbolico. Il simbolo è importante per interpretare bene ogni messaggio nascosto, ogni significato. Le cose terra terra sono noiose. Il simbolo è un mistero. Il simbolo è la poesia. Il simbolo sono parole, gesti o cose. Con i simboli cambia il mondo. I simboli fanno brillare il nostro lobo frontale. Non nascondo l’influenza di semiologo Ferdinand de Saussure, antropologo Lévi-Strauss e filosofo Mircea Eliade. Nel mio libro troverete vari simboli, alcuni sono: la porta, la finestra o la mano. Il resto, scopritelo da soli!
La protagonista è una donna, come te. Cosa ne pensi dello stato attuale della donna nella società moderna, in Italia, in Europa o nel resto del mondo che conosci?
Questo è un tema infinito. Purtroppo, la violenza di genere è aumentata dopo il lockdown. È anche una delle ragioni per cui ho dato a questo tema così tanta importanza. In Europa ci sono tanti casi ma ci sono i Paesi che sono messi ancora peggio di noi come quelli latinoamericani, non parlando di alcuni paesi arabi. C’è bisogno di toccare questo tema sempre e difendere diritti umani. Adesso mi sto preparando per pubblicare il mio libro nella lingua spagnola, che spero arriverà a tutto il mondo latino e aiuterà a chi soffre gli abusi. Vorrei che un percentuale della vendita andasse alle vittime di violenze. Con me si sono uniti 20 artisti dell’America Latina e di Spagna, tra cui due icone dell’arte mondiale: Ramòn de Vargas (Spagna) e Víctor Delfín (Peru) dei quali le opere si troveranno sulla copertina. Ripeto sempre (e quello è uno dei messaggi del libro), nell’arte c’è la speranza. L’arte salverà il mondo.
Questo è un messaggio potente. Quale altro messaggio vorresti mandare alle donne di oggi?
Il mio messaggio è a tutti quelli che si sentono abusati, violati, traumatizzati: la strada verso la guarigione è larga, è lunga, è piena di dolore ma è possibile uscirne. Una volta un attore non vedente mi ha confessato che durante la pandemia quando è morta sua moglie, l’unica cosa che gli ha dato la forza di andare avanti era l’arte, il teatro… Questo vale anche per me. Quando è morta mia mamma e negli altri momenti pesanti della mia vita è stata sempre con me lei, l’arte: la cultura e la scrittura che mi salvavano la vita. Se non avete più nulla, aggrappatevi alla cultura. La cultura vuol dire anche l’educazione e la conoscenza. Le donne di tutti i Paesi devono poter studiare liberamente. Questa autocoscienza di “saper di valere” è essenziale per evitare alcune situazioni anomali e abusi. Aiutare a creare l’arte è anche obbligo di ogni società, ogni Paese dovrebbe creare dei centri per i giovani “complicati” che li tolgono dalle strade e aiutano a sviluppare la loro creatività. Da ammirare è anche l’attività culturale di alcune associazioni artistiche come MArteLive di Roma e la loro iniziativa, seguita da Giuseppe Casa e Oriana Rizzuto, “L’Arte non ha sbarre” che ha come obiettivo il portare l’arte e la cultura in quei luoghi in cui donne e uomini, privati della temporanea libertà, abbiano tuttavia la possibilità di un nuovo di formazione e di sperare in un futuro migliore. Ripeto, l’arte è la Speranza, apre nuovi orizzonti e cuori. Può darsi che il mio libro non cambi il mondo, ma può darsi che aiuterà ad una persona in qualcosa. E quel “qualcosa” varrà più che l'oro.
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