domenica 10 marzo 2024

La poesia che cura

Per la rubrica: Parola ai Poeti NON Artificiali

Chiacchierata con Viola Bruno sul valore terapeutico della poesia.



Viola Bruno ha quarantatré anni e vive in Maremma. È cresciuta in riva al mare: non potrebbe vivere senza la sua voce, senza la sua consolazione. Oltre alla poesia, ama la musica, la fotografia, la letteratura, l’arte in ogni sua forma.
Di luce compressa è la sua prima silloge, finalista al Premio Carrera 2023, versi sgorgati da un percorso di analisi che le ha consentito di raggiungere molte consapevolezze, di soffermarsi sulle emozioni, di dar loro un nome, di cercare finalmente le parole per esprimerle: di trovare la sua voce. I suoi versi sono contenuti anche in tre Antologie pubblicate da l’Inedito Letterario: I segreti delle piccole cose, Poesie d’amore e Fiumi di parole d’amore.


Quando ti sei accorta che per te la poesia è un'importante forma di comunicazione?

Circa tre anni fa, quando ho iniziato un percorso di analisi, per affrontare i fantasmi che condizionavano la mia esistenza. In quel momento la poesia è divenuta per me la naturale forma di comunicazione: ho iniziato a trasfigurare le esperienze negative, i dolori, i fardelli che appesantivano la mia vita, plasmandoli come pasta da modellare, trasformandoli in componimenti poetici. Materialmente cedendoli, inchiodandoli, al foglio. Così me ne sono liberata, ho dato loro una nuova forma accettabile. La poesia è stata parte determinante della terapia. In qualche modo mi ha salvata. Dunque non posso che esserle devota.

Che rapporto hai con la poesia?

La poesia mi abita e mi accompagna in ogni cosa. Tutto la contiene. È la fotografia, lo sguardo sull'esistenza, sulle piccole e sulle grandi esperienze. È immagine tradotta in parole. Prima che poeta, sono una lettrice. Ne ho letta e ne leggo molta, dai Grandi del passato ai poeti contemporanei. Solo così, credo, ci si possa rendere conto di ciò che è la poesia e tentare questo cammino.

Poesia è soprattutto lavorare con la parola, quanto conta ancora la parola in questo periodo storico nel suo massimo abuso telematico?

Lavorare la parola e con la parola è un lavoro da certosini, da maestri intarsiatori, ovvero richiede tempo e precisione. La poesia richiede una messa a fuoco paziente: prima di riuscire a centrare l'immagine che si ha nella propria mente, si fanno infiniti tentativi, come una pesca a spinning: si lancia l'amo e si tira su, in continuazione. Spesso a vuoto. Finché non abbocca qualcosa. Fare un pasto da quella pesca è impresa ardua quanto avvincente, quanto faticosa. Ci vogliono tempo e pazienza, ovvero qualcosa che ad oggi, abituati al consumo immediato, al mordi e fuggi telematico, è merce rara.

Come può la parola umana competere o interagire con la parola dell'intelligenza artificiale?

Cercando di preservare quanto più possibile il calore che solo l'anima contiene e sprigiona. Facendone un uso ragionato, essenziale, ponderato. Temo che non sarà affatto facile preservare l'unicità dell'essere umano, poiché la si sottovaluta, poiché spesso altri interessi interferiscono con questa assoluta priorità.

Qual è la tua opera in cui ti riconosci di più? Ce ne vuoi parlare?

Sono alla mia prima opera, pubblicata nel giugno 2023. Essa contiene un viaggio ed una trasformazione. Dal buio verso la luce, dal dolore verso l'amore. La silloge, il cui titolo è "Di luce compressa" (L’Inedito Edizioni) si compone di quattro sezioni, che corrispondono alle fasi del percorso di analisi intrapreso: Canto d’Abbandono, Il riciclo del dolore, Archeologia dell’anima, In ogni possederci c’è l’eterno. Ogni sezione è corredata da una fotografia, scattata per rappresentarne il sentimento dominante e da una citazione emblematica di grandi poeti e personaggi (Sbarbaro, Farrokhzad, Romagnoli, Hillesum) che ammiro profondamente. È la testimonianza di una breccia nell’oscurità, di una possibilità: quella di affrontare le nostre paure e fare di ogni dolore un gradino per risalire il pozzo, verso la luce, verso l’amore per sé stessi e per gli altri, attraverso il perdono e la compassione.


Curo-

la creatura appena uscita da me

finalmente madre di me stessa


inversa singolare maieutica

nell’utero rientrata

nella mente concepita

da un unico seme

fusione di cuore e ragione

corteccia infrango e tolgo

la prima tenera pelle calzo

il vecchio carapace dimentico-


germinata dal tepore

delle mie, delle tue carezze

varo-

il primo respiro nel mondo.


La Poesia può ancora comunicare alle nuove generazioni?

Sì, sono ottimista. Credo che se quel fuoco che brucia nell'animo umano è rimasto inalterato sino ad oggi, continuerà a vivere in eterno. Almeno per chi possiede, in modo innato, un ramoscello e una scintilla dentro al petto.







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