Dapprima, leggendo poesia di autori importanti: dai classici latini e greci, passando per i poeti maledetti francesi, fino ai poeti della Beat Generation. Non da ultimo, i testi di alcuni songwriters di oltreoceano che avevano valenza poetica. In particolare, le liriche di Lou Reed per il suo modo di proporre un’estetica urbana nuda e cruda. Per il suo primo approccio alla poesia quando da giovane frequentava la Syracuse University, grazie al suo incredibile insegnante di scrittura creativa - nonostante era vecchio su una pessima china, consumato dall’alcool e dalla droga, malato di mente - il poeta e scrittore Delmore Schwartz, un prodigio che poco più che ventenne aveva trovato il successo e un trionfo di critica con la raccolta In Dreams Begin Responsabilities, e che non è mai riuscito a ripetersi. Nel mio percorso, nelle mie composizioni in “verso libero”, nel far emergere qualcosa che già esiste e mettere al centro, nel mio modo di intendere e fare poesia, l’attenzione verso tematiche attuali, o ancora attuali nel nostro tempo, come ad esempio il disagio sociale, l’inadeguatezza costante nel vivere, la dignità quale diritto sacrosanto di ogni essere umano, e far sì di essere capito e letto dal maggior numero di persone possibili, ai più vari livelli di cultura, nei più diversi stati d’animo, dalle prossime generazioni. Credo che la forma sia perfetta quando la poesia dà la possibilità di creare un ponte più solido e comodo tra me, poeta, e il lettore. Sono per la chiarezza senza ombre, che non nasconde nulla del bene e del male. Mettere, quindi, il mio modo di intendere e fare poesia al servizio di qualcosa di utile che conduca il lettore ad una maggiore consapevolezza dell’importanza di trattare determinate tematiche e della loro drammaticità, condurlo quindi alla riflessione con l’intento di fare dell’umanità qualcosa di buono ancora.
Che rapporto hai con la poesia?
Abitando in una via intitolata a Pier Paolo Pasolini, direi quotidiano. Pensando a ciò che mi ispira, solo quando sento l’esigenza e l’urgenza di trattare qualcosa che valga la pena comunicare in versi.
Poesia è soprattutto lavorare con la parola, quanto conta ancora la parola in questo periodo storico nel suo massimo abuso telematico?
È nel lavorare con la parola, nel comporre versi che si può dare ancora importanza alla parola stessa ed elevarla dal suo massimo abuso telematico nel pubblicare versi in un social network.
Come può la parola umana competere o interagire con la parola dell'intelligenza artificiale?
L’intelligenza artificiale è frutto dell’ingegno umano. Sta all’uomo utilizzare questo mezzo, come in passato per altre innovazioni tecnologiche, nel farne buon uso. Personalmente, mi auguro che la parola umana non debba competere o interagire con un’intelligenza artificiale. Quindi restare umana tra gli umani.
Qual è la tua opera in cui ti riconosci di più? Ce ne vuoi parlare?
Nel 2008, ho pubblicato INTERNO 4 (Un film da leggere e vedere tra i versi), la mia opera prima letteraria, e l’unica pubblicata per scelta, con prefazione a cura del poeta e mentore Biagio Propato recentemente scomparso, e postfazione grazie ad una tua e-mail che mi inviasti a commento dell’opera. È un’ opera di cui sono editore indipendente, ed ho ideato e realizzato la grafica e la copertina del libro, per la quale ho curato la promozione e la distribuzione in prima persona. INTERNO 4 è il tentativo di fare di un poema in chiave moderna una sorta di film ad episodi: ossia un film da leggere e vedere tra i versi. I titoli delle liriche sono diventati, a pieno titolo, i titoli dei vari episodi che compongono l’opera, il film da leggere. La grafica all’interno del libro in qualche modo catapulta il lettore in una sala di un cinema, in una sala buia davanti ad uno schermo. Il lettore per magia diventa uno spettatore. L’opera è stata pensata, immaginata ed ideata come “un film da leggere e vedere trai versi” anche perché spesso il cinema ha attinto dalla letteratura, in particolare dalla narrativa, e quindi ho tentato di fare un’operazione al contrario ma in versi. Del resto un poeta nel comporre versi non fa altro che creare immagini. Le parole quindi sono fotogrammi. In INTERNO 4 ho dato voce – ispirandomi a persone realmente conosciute – a quanti vivono un disagio sociale e una costante inadeguatezza nel vivere. Tra i personaggi, protagonista principale un poeta. Una sorta di “Spoon River” ma di viventi, dove ogni personaggio è una maschera di diversi tipi di disagio sociale e inadeguatezze costanti nel vivere. Nell'azione temporale di una notte, un poeta, confuso e coinvolto da visioni interiori ed esterne, vaga in una metropoli non meglio identificata. A distanza più o meno ravvicinata i monologhi interiori del poeta e di alcuni personaggi - un criminale recluso, un transex, una prostituta, un amante virtuale in chat line, una ragazza anoressica, un suicida e la memoria di alcuni homeless - costellano la realtà metropolitana sotto il cielo di una notte imperfetta. E tutto nella contemporaneità, e luminosità di un film.
La Poesia può ancora comunicare alle nuove generazioni?
Sta ai poeti saper comunicare alle nuove generazioni senza fare solipsimi, seguire canoni e basta. Affrontare, quindi, per mezzo della scrittura la realtà che ci circonda fino a farne discutere e creare qualche situazione che muova le cose. Quindi poesia come arte che insorge. Ma la responsabilità è anche delle case editrici che non promuovono abbastanza o addirittura per niente opere di poesia. Come dei programmi didattici in materia di letteratura. Occorre incentivare nelle scuole, di ogni ordine e grado, sempre più l’incontro tra poesia e le nuove generazioni. I rapper sono i poeti che nel nostro tempo meglio hanno saputo arrivare e sanno arrivare alle nuove generazioni.
Nessun commento:
Posta un commento