domenica 2 marzo 2025

Piccola variabile di luce

Per la rubrica: Parola ai Poeti NON Artificiali, la chiacchierata con l'autore Michelangelo Giuffrida Khan Klynski, sulla natura giocosa della poesia, considerando che non c'è nulla di più serio di un gioco, e tanto altro…



Khan Klynski (all’anagrafe Michelangelo Giuffrida) nasce in provincia di Bologna nel 1978. Ispirato da una biografia non autorizzata di Banksy ritrova, nell’ultimo decennio, l’amore per scrittura (narrativa e poetica), pittura astratta e sperimentazione grafica. Linguaggi che si accompagnano e talvolta si fondono in un percorso di studio e ricerca costante con rinnovato interesse nel fare del linguaggio, comunicazione. Arricchiscono con soddisfazione il suo percorso creativo una partecipazione prolifica a circoli culturali e collettive artistiche; presente in antologie poetiche e concorsi letterari, dove si è potuto distinguere per personalità e sincera passione, essenza del sentiero.

Quando ti sei accorto che per te la poesia è un’importante forma di comunicazione? 

Se consideriamo quanto il nostro presente sia influenzato dalla tecnologia in maniera negativa, si potrebbe forse esprimere quanto una sana e diretta comunicazione si debba considerare un’importante forma di Poesia. Ho ricominciato a scrivere una quindicina d’anni fa, sperimentando in parallelo colore e pellicola. Durante gli ultimi dieci anni, quello che continuo a definire “il gioco della parola” (e si sapesse quanto non ci sia nulla di più serio d’un gioco) si è radicato sempre più profondamente nei miei tentativi di vivere e ricominciare. Mi accorgo, nell’insieme di tutto ciò che circondo con lo sguardo, quanto sia importante nel continuo l’uso del linguaggio e quanto nel profondo mi sia eternamente indispensabile l’abuso della parola. Che ciò si possa ridefinire un mio modo di essere nella “Poesia” e nel fare poetico è rimesso, forse espresso in un ritorno di emozioni dallo specchio, all’intimità dell’altro. Questa manipolazione, logorio e ritorno nell’utilizzo del linguaggio mi risulta quindi importante nel sempre.

Che rapporto hai con la poesia?

Con la Poesia ho un rapporto di puro respiro. È un dedalo difettato e difettoso entro il quale passeggio alla ricerca di parole giuste (sempre che ne esistano) per esprimere la condizione d’un istante silenzioso, fragile ma immutabile, intimo e diversamente doloroso. Ho navigato a vista nella mia ombra in alcune anticamere dell’inferno in Terra, con fame di luce e di risposte; ne sono poi uscito, per estensione come sopravvissuto, come vittima sacrificale dall’ombra alla luce in cerca di un respiro più grande. L’ascolto all’interiore può essere condizione attiva solo nella piena immersione in sé, tra sensazioni emotive e soprattutto paure. Questo intimo bisogno ha riportato in superficie il troppo dolore, in una zona antipanico all’esterno come forma a vista più gestibile, l’inchiostro. Ogni qualvolta mi senta nelle condizioni di non poter fare altro che descrivere un mutamento, apro il rubinetto e ricomincia il “gioco”, nella tentazione di avvicinare il più possibile il respiro del me alla carta (ove e come mi sia possibile esprimere una bugia nella sua forma migliore, non elegante, accettabile).

Poesia è soprattutto lavorare con la parola, quanto conta ancora la parola in questo periodo storico nel suo massimo abuso telematico?

Penso che la virtù più elevata nel lavoro sulla parola sia il tentare di riportare “autenticità” dal proprio sguardo verso l’altrui intimità. L’autenticità reca in ogni singola sillaba un giusto peso specifico nel rispetto del sé, onde evitare un inganno per l’altro e terribili illusioni nel non rimanere fedeli al proprio tessuto. Esistiamo o quantomeno resistiamo in mondi dai contenuti fast-food, dai modi superficiali e spesso superiori, dal parlarsi addosso alle flagellazioni pubbliche, dal rendere il proprio pensiero verità indispensabile ed indiscussa alle crocifissioni senza possibilità di confronto. Mi risulta di vitale importanza ed urgenza l’umano ritorno all’ascolto, ad una comunicazione diretta, trasparente per potersi concedere nuova irrinunciabile linfa di scambio e, perché no, appartenenza. Possiamo creare ponti, specchi, un divino ritorno agli occhi, alla mente, al Cuore di chi viviamo in ogni scambio all’istante presente, senza filtro. Viviamo terrificanti battaglie tra messaggi vocali, emoticon, commenti fuori tempo massimo. Potesse la Poesia riportare, nel suo essere piccola variabile di luce, questa nostra deformata allucinazione collettiva giornaliera verso-casa, dai nostri vuoti ridistribuiti sui cristalli liquidi senza soluzione di continuità e crescita personale a nuove opportunità, strette di mano, confronto, sguardo, conforto.

Come può la parola umana competere o interagire con la parola dell’intelligenza artificiale?

Credo che ognuno si possa permettere di competere solo ed esclusivamente con il proprio pensiero, tra limiti e licenze. Che il tentativo del fare, tra superfluo e necessario, si debba rivolgere al proprio stato di coscienza nell’uso semplice dei propri mezzi, delle proprie possibilità. Si potrà interagire con tutto ciò che il nostro presente abbia da offrire, persino la spaventevolte Intelligenza Artificiale, come fonte di stimolo al ragionamento, apertura alla fantasia e non come stampella, soluzione accomodante come ripiano per eludere nell’assenza i propri sforzi, la propria gravità, il proprio sacrificio in sacrificio.

Qual è la tua opera in cui ti riconosci di più? Ce ne vuoi parlare? 

Mi riconosco in tutto ciò che mi può permette di espandere il pensiero. Finché mi darò la possibilità di utilizzare indeterminati canali per muovere i miei punti infermi, minare le mie convinzioni, deformare limiti e mediocrità personali saprò di essere su piani inesplorati e cercherò di riconoscermi, di muovermi. Tutto ciò che è fine a se stesso sarà destinato a scomparire immagino. È appena uscita la mia prima pubblicazione. Sto cercando di vivere questa esperienza come insegnamento e non come traguardo. Mi riconosco in tutto ciò che sto tentando di esprimere nonostante poi, tutto ciò che è fare nella ricerca come ulteriore passaggio, mi risulti sulla breve distanza già lontano, passato.



La Poesia può ancora comunicare alle nuove generazioni? 

La Poesia, come tutto ciò che rientra nel fare dell’Arte, può comunicare con chiunque. Sta all’individuo fare ordine nel sé, esplorare, approfondire, porsi soprattutto domande, evitare traguardi o quantomeno obiettivi nel darsi all’esperienza, mutare. Leggere potrebbe essere un meraviglioso modo di riempire con nuovi stimoli ed emozioni, sensazioni di viaggio nell’oltre confine. Una condivisione genuina potrebbe coinvolgere i limiti dell’individuo, dell’essere mancanza al centro dell’umana questione ed alimentare la fame per sapere, conoscenza, dubbio e qualità del dubbio con meno vanità e supponenza, più ricerca, nessuna o quanto meno retorica. Ogni individuo può, non obbligatoriamente, dare un giusto esempio di sé e forse i giovani al di là di qualsiasi messaggio, lezione, sottrazione avrebbero forse bisogno di buoni esempi per una sondabile alternativa al niente. La Poesia può contaminare, trasportare, confondere, arricchire e soprattutto sottrarre. Non sono le sue dinamiche che mi preoccupano rispetto alla comunicazione verso le nuove generazioni, piuttosto mi affondano alcune dinamiche contorte ed immutabili del suo onorato fan club.