domenica 29 giugno 2025

Ghigo Agosti: il Rock and Roll in Italia

Per la rubrica: Archeologia musicale,  il fermento rivoluzionario del rock’n’roll prende il sopravvento anche in Italia,  in una scena musicale che sa riservare notevoli sorprese. 



Elvis Presley, Bill Haley, Chuck Berry ed altri guidavano la rivoluzione musicale che portava il mondo verso la rinascita, dopo la seconda guerra mondiale. Anche in Italia, con l’avvento della TV e l’apertura al mercato Internazionale, si sentiva la voglia di accogliere i nuovi generi. Nonostante il gusto popolare attingesse notevolmente al tradizionale melodico, non si trattava di un completo salto nel buio, perché il Jazz era già diffuso negli anni trenta con le grandi orchestre e lo swing si era imposto grazie ad artisti come Natalino Otto, il Trio Lescano o Alberto Rabagliati. Anche dal punto di vista musicale, oltre agli altri settori, il Belpaese aveva voglia di decollare, basti pensare al successo di Domenico Modugno Nel Blu dipinto di Blu, cantata con le braccia allargate come ali nell’invito a prendere il volo. Succede tutto molto velocemente e in pochi anni. Tra i primi a proporre una cover di un brano rock and roll ci sono i membri del Quartetto Cetra, anche se la loro versione di Rock Around The Clock (ribattezzata L’Orologio Matto, 1956) fa lo stesso effetto di una tisana al malto bevuta in un whisky bar. Forse, però, era necessario edulcorarla per presentarla ad un pubblico più ampio: il pubblico televisivo che stava formando i suoi gusti e non poteva essere aggredito, secondo le regole cautelative e censorie della neonata RAI. A formare il suo gusto, proprio in quel periodo, c’è anche un ragazzo che ama la musica alternativa e si nutre nella vasta collezione di dischi stranieri di importazione, del cugino Paolo Tosi, impregnandosi di piano-boogie e ragtime. Questo ragazzo è Arrigo Riccardo Agosti, detto Ghigo, e spesso organizza jam session a casa sua, a cui partecipano molti degli esponenti della scena Jazz milanese e altri musicisti di altra estrazione, tra cui Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci. Forma una band che chiama Ghigo e Gli Arrabbiati in cui si alternano vari musicisti e collaboratori; suoneranno con lui anche Ricky Gianco e Guidone, oltre Giorgio Gaber. Dal 1954 in poi si esibiscono nei locali milanesi proponendo il sound di Ghigo, costituito da riff ossessivi e percussivi; accelerare il ritmo è la sua prerogativa, è il suo rock and roll, che confluisce in brani come Stazione del Rock e Coccinella, composti dal 1955 al 1957. Forse i primi brani del genere scritti direttamente in italiano, e, forse, tra i primi anche a livello europeo. Per lui, però, la possibilità di pubblicarli si presenta relativamente tardi, soltanto nel 1959, dopo anni di concerti e esibizioni dal vivo, in cui coinvolge il pubblico, con il pianoforte o con la voce, con i suoi pezzi caratterizzati da testi diretti e innovativi. Stazione del Rock è un invito all’amore, alla libertà, al ballo. Coccinella, invece, in maniera molto velata, è la descrizione di un approccio verso un travestito; probabilmente ispirata dal personaggio francese di Madame Coccinelle, balzato agli onori delle cronache per essere il primo transgender della storia. Il suo stile, in cui prevale una vocalità intensa, frenetica, protesa all’urlo, con finto accento americano, unita a una esuberante presenza scenica, lo rende riconoscibile e unico nel panorama artistico. In quegli anni, come accennavo prima, la scena musicale è in totale fermento. Nel 1957, infatti, viene organizzato il primo festival del Rock and Roll italiano (il Trofeo Oransoda), che vede partecipare, tra gli altri, Adriano Celentano e negli anni a seguire anche Little Tony; un potente strumento per la diffusione di questo genere musicale nel nostro Paese. Ghigo si distingue comunque per il suo spirito irrequieto; durante le performances, sbraccia, si dimena, fino a strapparsi la camicia. Lo stesso spirito che non gli permette di accontentarsi mai e che lo obbliga a sperimentare continuamente, una volta che il rock si è affermato e che da esso, negli anni sessanta, iniziano a nascere altri sottogeneri. Le sue ambizioni di innovazione, lo portano a formare altre band come Ghigo e i Goghi, o Black Sunday Flowers, o ancora a stupire cambiando spesso immagine e trovando pseudonimi fantasiosi e meno, come Mister Anima, Rico Agosti o Probus Harlem, per esplorare nuove musicalità; è tra i primi urlatori, con il suo partito estremista, a contrapporsi alle scelte musicali della RAI, e a gettare le basi per il rock demenziale; ma anche tra gli iniziatori del beat in Italia, della psichedelia e del progressive. Nella sua variegata e incontrollabile produzione vanno citati i brani Conosco Jenny, o Tredici Vermi Con Il Filtro e i formidabili Non Voglio Pietà e Solitudine Time, firmati come Mr. Anima, da non dimenticare Madness e Hot Rock. Lo stesso spirito che poi gli suggerisce di abbandonare tutto, quando ormai la soddisfazione non è più la stessa. Nel 1974 decide di ritirarsi dalle scene per dedicarsi alla fotografia, alla grafica, al giornalismo, e inoltre alla poesia, al teatro, e nel tempo libero anche allo sport.






Chuck Berry: 


    Natalino Otto:

domenica 1 giugno 2025

Immagine, musica, filosofia

Per la rubrica: Parola ai Poeti NON Artificiali, la chiacchierata con l'autrice Alessandra Iannotta sui valori fondamentali della poesia e quello più fondamentale in assoluto, inseminare tutti gli organi. 



Alessandra Iannotta è nata a Roma nel 1965. Da oltre 25 anni esercita nella Capitale la professione di avvocato civilista. Ha partecipato a vari concorsi nazionali ed internazionali di poesia e di narrativa ricevendo premi, menzioni speciali e riconoscimenti vari. Ha pubblicato, nel 2015, un libro di poesie in prosa, dal titolo “Sangria al Grippiale” (Ed.Dante Alighieri). Nel giugno 2019, il suo primo romanzo dal titolo “Gli occhi di Asha” (Kanaga Edizioni). Nel novembre 2019, il romanzo è stato premiato, come premio speciale “Milano Donna”; un estratto del primo capitolo è stato pubblicato su Rai Letteratura. Nel novembre 2020, ha pubblicato la silloge poetica “Panni al vento” (Ed. L’Erudita). Nel luglio 2022 ha pubblicato una silloge di 138 poesie, dal titolo “Come panni al vento” (Nino Bozzi Editore – Gruppo CTL Editore). Ha avuto modo di sperimentare che la poesia, abbracciata alla musica, può aiutare ad accrescere la bellezza di entrambe le suddette forme artistiche, recitando le sue poesie: -accanto al Maestro, Alessandro Vena, pianista di fama internazionale, presso l’Auditorium San Domenico di Foligno; -accanto al Maestro Martin Palmeri, compositore argentino di fama internazionale, presso il teatro Greco di Roma; -accanto al Maestro Luca Fialdini a Forte dei Marmi, presso Villa Bertelli.

Quando ti sei accorta che per te la poesia è un'importante forma di comunicazione?

Ho amato la poesia fin da bambina, ne scrivo da sempre, ma ho sentito la voglia irrefrenabile di condividere questa mia grande passione solo nel 2015 quando, dopo aver superato un anno difficile, sono stata invitata ad una serata di letture di poesie… quella sera stessa, rientrata a casa, sulle note di Beethoven, ho scritto una poesia intitolata “Vita” ed ho deciso che questa volta, avrei iniziato a condividere con gli altri la mia passione!

Che rapporto hai con la poesia? 

Credo in una poesia non filtrata dalle gabbie della mente, non costruita a tavolino, non imbrigliata in regole stilistiche, capace di raggiungere il cuore di tutti perché capace di catturare la meraviglia che ci circonda, la parte più autentica che abita l’uomo. Credo che la poesia, capace di abbracciare molteplici declinazioni di creatività, sia la più alta espressione artistica. Per me, infatti, la poesia è, prima di tutto, immagine, qualcosa che cattura il mio occhio, ma che, nel contempo, va oltre il mondo visibile, lì c’è il brivido della poesia, il poeta, quindi, è un po’ un pittore che dipinge con la penna; la poesia è, poi, musica perché le parole devono avere un ritmo, il poeta, quindi, è anche un po’ un musicista; infine, e lì, a mio avviso, siede il cuore della poesia, c’è nel linguaggio poetico un messaggio che eleva l’uomo e, quindi, il poeta è anche un po’ un filosofo capace di far riflettere il lettore, non con la testa, ma con il cuore.

Poesia è soprattutto lavorare con la parola, quanto conta ancora la parola in questo periodo storico nel suo massimo abuso telematico?

Sono certa che oggi la poesia ritroverà il posto di centralità che merita all’interno del panorama culturale mondiale. Il poeta, infatti, è l’artista della parola e mai, come oggi, c’è un estremo bisogno di arte, di un linguaggio costruttore di bellezza, e dunque di poesia! Nel mondo contemporaneo, dominato dalla tecnologia, è indispensabile recuperare la parte più autentica che abita l’uomo, riuscire a dare voce alla nostra parte irrazionale dove regna regina la creatività, che è alla base di ogni forma di espressione artistica, e che non potrà mai essere sostituita dalla macchina.

Come può la parola umana competere o interagire con la parola dell'intelligenza artificiale?

Penso che si tratti di mondi differenti e, dunque, che non sia corretto parlare di competizione. L’intelligenza artificiale assembla dati, mentre la creatività è prerogativa dell’essere umano che, prima di essere carne, è coscienza…

Qual è la tua opera in cui ti riconosci di più? Ce ne vuoi parlare? 

Sono, profondamente, legata ai miei primi cinque libri (tre libri di poesie, una favola poetica e il mio primo romanzo dal titolo “Gli occhi di Asha”) che ho pubblicato con quattro diverse case editrici e di cui, essendo scaduti tutti i relativi contratti di edizione, ho recuperato i diritti. Nel 2024, ho autopubblicato su Amazon, il mio ultimo libro, un romanzo dal titolo “Muse sciamane” ed è questa l’opera a cui mi piacerebbe accennare. Si tratta di un romanzo in cui i lettori potranno, agevolmente, ritrovarsi all’interno degli intrecci narrativi e, nel contempo, essere, tuttavia, trasportati in mondi fantastici in quanto nell’opera entrano, prepotentemente, anche numerosi elementi immaginifici e poetici. È, infine, un romanzo filosofico perché è capace di fornire al lettore le chiavi per vivere con più leggerezza e gioia!



La Poesia può ancora comunicare alle nuove generazioni? 

Viviamo tutti nella storia che, inevitabilmente, cambia, ma, a differenza della maggior parte degli adulti, i giovani conservano la freschezza di una visione della vita più libera dalle maglie mentali, più intuitiva e, quindi, più vicina al sentire del poeta. In un mondo, come quello in cui viviamo, dove tutto è estremamente veloce, sussiste, a mio avviso, l’urgenza di aiutare i giovani a recuperare la capacità di entrare nella profondità della parola che, lungi dall’essere solo uno strumento per comunicare, è prima di tutto generativa di pensiero. I giovani, meno contaminati da sovrastrutture rispetto a noi adulti, hanno solo bisogno di guide, che, in modo gioioso, catturando la loro attenzione, siano capaci di fargli riscoprire la potenza e la bellezza della parola poetica.